L’ipoventilazione viene diagnosticata, misurando i livelli di anidride carbonica nel sangue, quando i valori sono superiori a 50 mm Hg (millimetri di mercurio) o 6,7 kPa (kilopascal). Si tratta di misurazioni della pressione, che vengono effettuate prelevando un campione di sangue, applicando un sensore sulla pelle (anidride carbonica transcutanea) o misurando l’esalazione respiratoria (anidride carbonica di fine espirazione).
L’ipoventilazione è più marcata (e l’anidride carbonica è più alta) durante il sonno, in particolare durante la fase del sonno nota come NonRapid Eye Movement (sonno non-REM). Con il prelievo di un campione ematico l’analisi può essere imprecisa, dato che la puntura della cute normalmente provoca uno shock, che sveglia il bambino e aumenta la respirazione.
L’ipoventilazione può essere diagnosticata con tecniche diverse:
- Registrazione dell’ossimetria durante il sonno. Rileva il calo dei livelli di ossigeno nel sangue, ma non riesce a rilevare problemi meno gravi, come le pause della respirazione (apnea) senza cali di ossigeno. Dato che le pause apneiche possono essere comuni, di solito sono necessari altri tipi di registrazioni.
- Registrazione cardiorespiratoria durante il sonno. Questo studio rileva le pause apneiche, ma non fornisce informazioni sulla qualità del sonno. Può accadere che i pazienti non presentino apnee perché non hanno dormito abbastanza profondamente per manifestare il disturbo.
- Polisonnografia. È l’esame più adeguato, in quanto fornisce tutte le informazioni necessarie alla valutazione della respirazione durante il sonno.
L’ipoventilazione diurna (presente durante il giorno) può essere diagnosticata attraverso il monitoraggio dei livelli di SpO2 e CO2 durante il giorno. Il rilevamento di SpO2 <95% e CO2 > 50 mm Hg (6,7 kPa) consente la diagnosi d’ipoventilazione in veglia.